El Comercio De La República - Monaco: Ricchezza Senza Tasse

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Monaco: Ricchezza Senza Tasse




Monaco, un piccolo principato incastonato sulla Costa Azzurra, è sinonimo di lusso, glamour e ricchezza. Con le sue strade immacolate, gli yacht scintillanti nel porto e i casinò di fama mondiale, Monaco attira l’élite globale come un magnete. Ma perché questo minuscolo stato è considerato il più ricco al mondo? La risposta sta nel suo status di paradiso fiscale e nell’influenza di Monte Carlo, il suo quartiere più celebre.

Un paradiso fiscale dal 1869
Dal 1869, quando il Principe Carlo III abolì l’imposta sul reddito per i residenti, Monaco ha costruito la sua reputazione su un sistema fiscale eccezionalmente vantaggioso. Oggi, i residenti monegaschi non pagano imposte sul reddito, sulle plusvalenze o sul patrimonio. Questo regime attrae individui facoltosi e imprenditori da ogni angolo del pianeta, desiderosi di proteggere e accrescere la propria ricchezza. Tuttavia, c’è un’eccezione: i cittadini francesi che vivono nel principato devono pagare l’imposta sul reddito al governo francese, a causa di un trattato bilaterale siglato nel 1963.

Non solo i privati beneficiano di queste condizioni. Le società che operano principalmente all’interno di Monaco sono esenti dall’imposta sul reddito, mentre quelle che realizzano più del 25% del loro fatturato all’estero sono soggette a un’aliquota del 25%. Questo mix di politiche fiscali ha favorito l’insediamento di imprese, soprattutto nei settori finanziario e dei servizi di lusso, consolidando la posizione economica del principato.

Monte Carlo: il cuore pulsante dell’economia
Monte Carlo, con il suo iconico casinò, è molto più di un simbolo di sfarzo: è un pilastro dell’economia monegasca. Anche se i casinò contribuiscono solo al 5% del PIL, il turismo di lusso che generano rappresenta una fonte di entrate fondamentale. Hotel a cinque stelle, ristoranti stellati e boutique esclusive prosperano grazie ai visitatori attratti dal fascino di Monte Carlo. Eventi internazionali come il Gran Premio di Formula 1 amplificano ulteriormente l’attrattiva del principato, portando milioni di euro ogni anno.

Un mercato immobiliare da record
La ricchezza di Monaco si manifesta anche nel suo mercato immobiliare, tra i più costosi al mondo. Nel 2023, il prezzo medio al metro quadrato ha raggiunto i 51.418 euro, con un aumento del 40% nell’ultimo decennio. Possedere una proprietà qui è un vero status symbol. Sebbene non ci siano tasse sulla proprietà, il governo applica un’imposta del 33,3% sui profitti derivanti dalla vendita di immobili, un meccanismo che alimenta le casse pubbliche.

Gestire la ricchezza: investimenti e sfide
Il governo monegasco utilizza questa ricchezza per offrire infrastrutture e servizi pubblici di altissimo livello. Strade perfette, sicurezza impeccabile, sanità e istruzione di eccellenza sono la norma. Inoltre, il principato investe in sostenibilità e conservazione ambientale, preservando il suo territorio incontaminato. Tuttavia, la dipendenza dal turismo e dai servizi finanziari espone Monaco a rischi legati alle fluttuazioni economiche globali. La scarsità di spazio fisico è un’altra sfida: per affrontarla, sono in corso progetti di bonifica del mare che creano nuove aree edificabili.

Perché Monaco rimane in cima
Grazie a una combinazione unica di politiche fiscali vantaggiose, un’economia diversificata e uno stile di vita lussuoso, Monaco si conferma lo stato più ricco al mondo. Per chi può permetterselo, offre un rifugio dove la ricchezza non solo è protetta, ma celebrata.



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Italia senza gas russo

L’Italia ha voltato definitivamente pagina: nella mappa dei flussi di gas aggiornata al primo semestre 2025, il Paese non conta più sul gas russo per coprire il proprio fabbisogno interno. La svolta, avviata dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, oggi è certificata dai dati di trasporto e rigassificazione: la quota di metano proveniente dal punto di ingresso di Tarvisio è scesa a meno del 2 per cento dei volumi immessi in rete, un flusso utilizzato quasi esclusivamente per il transito verso l’Austria.Il nuovo equilibrio energetico poggia su tre pilastri. Il primo è l’Algeria, che attraverso il gasdotto Transmed (ingresso di Mazara del Vallo) fornisce circa un terzo del gas consumato nel Paese. Il secondo è l’Azerbaigian: la Trans-Adriatic Pipeline che approda a Melendugno in Puglia garantisce un altro 15 per cento, rafforzando l’asse con il Caucaso. Il terzo pilastro è rappresentato dalle importazioni dal Nord Europa via Passo Gries, che coprono poco meno del 13 per cento e assicurano flessibilità in caso di picchi di domanda.A questi flussi via tubo si affianca l’esplosione del GNL. Con l’entrata in servizio della FSRU di Piombino nel 2023 e della nuova unità galleggiante a Ravenna nel maggio 2025, la capacità complessiva di rigassificazione supera i 30 miliardi di metri cubi l’anno. Nel primo semestre 2025 il GNL vale già il 31 per cento dell’offerta nazionale: lo alimentano soprattutto Qatar (circa 45 per cento del totale GNL) e Stati Uniti (35 per cento), seguiti da carichi spot provenienti da Africa occidentale e Norvegia.Diminuisce invece il contributo della Libia – sceso al di sotto del 2 per cento – complice l’instabilità politica di Tripoli e gli interventi di manutenzione sul Greenstream. La produzione nazionale, pur modesta, torna a crescere (5 per cento del totale) grazie a rilanci mirati in Adriatico e alla semplificazione delle autorizzazioni.La nuova configurazione delle infrastrutture ha trasformato l’Italia in un nodo di riequilibrio per l’Europa centrale: nei primi sei mesi dell’anno le esportazioni verso l’Austria sono quadruplicate, confermando la strategicità dell’asse Tarvisio-Arnoldstein. Parallelamente, gli stoccaggi sono stati riempiti oltre il 70 per cento già a giugno, superando la media UE, e garantendo sicurezza di approvvigionamento in vista dell’inverno.Sul piano politico-industriale, Roma consolida il “Piano Mattei” con l’Africa, punta all’idrogeno verde via TAP e preme sulla realizzazione del nuovo gasdotto orientale EastMed. Ma, soprattutto, la dipendenza dalla Russia è ormai un capitolo chiuso: un cambio di paradigma che rafforza la posizione italiana nei negoziati sul clima e accelera la transizione energetica senza rinunciare alla sicurezza degli approvvigionamenti.

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