El Comercio De La República - Diamanti: Chimica e Durezza

Lima -

Diamanti: Chimica e Durezza




I diamanti non sono solo simboli di lusso e bellezza, ma anche meraviglie della scienza, noti per essere il materiale più duro conosciuto. Questo articolo esplora in dettaglio la loro chimica, le proprietà fisiche che li distinguono e le applicazioni che ne derivano, offrendo un’immersione tecnica nel mondo di questa straordinaria sostanza.

La struttura chimica dei diamanti
I diamanti sono formati esclusivamente da atomi di carbonio, lo stesso elemento presente nella grafite. Ciò che li rende unici è la loro struttura cristallina: ogni atomo di carbonio è legato a quattro altri atomi tramite legami covalenti, disposti in una configurazione tetraedrica. Questa rete tridimensionale, chiamata reticolo cristallino cubico, è responsabile della loro eccezionale durezza. I legami covalenti, tra i più forti in natura, si estendono uniformemente in tutte le direzioni, creando una struttura incredibilmente resistente e stabile.

Formazione naturale e sintetica
I diamanti naturali nascono nelle profondità del mantello terrestre, tra 150 e 300 chilometri sotto la superficie, dove temperature di 1.300-1.400°C e pressioni di circa 70 tonnellate per centimetro quadrato trasformano il carbonio in questa forma cristallina. Eruzioni vulcaniche trasportano poi i diamanti verso la superficie, incastonati in rocce chiamate kimberliti.

In laboratorio, i diamanti sintetici vengono prodotti con due tecniche principali. La deposizione chimica da vapore (CVD) utilizza gas ricchi di carbonio per far crescere diamanti strato dopo strato a partire da un seme, in una camera a vuoto. La sintesi ad alta pressione e alta temperatura (HPHT) replica invece le condizioni del mantello terrestre, trasformando il carbonio in diamante. Questi diamanti artificiali condividono le stesse proprietà chimiche e fisiche di quelli naturali, ma sono più accessibili e sostenibili.

Proprietà fisiche e durezza
Sulla scala di Mohs, i diamanti raggiungono il grado 10, il massimo livello di durezza. Questa caratteristica deriva dalla forza dei legami covalenti e dalla loro disposizione simmetrica. Oltre alla durezza, i diamanti vantano un’altissima conducibilità termica, che li rende ottimi dissipatori di calore, e un elevato indice di rifrazione, alla base della loro brillantezza. Sono inoltre resistenti agli agenti chimici e mostrano una dilatazione termica minima, simile a quella di materiali come l’invar.

Applicazioni scientifiche e industriali
Le proprietà dei diamanti li rendono indispensabili in molti settori. Nell’industria, sono impiegati in utensili da taglio, levigatura e perforazione, ideali per lavorare materiali duri come metalli e rocce grazie alla loro resistenza all’usura. In ambito scientifico, trovano applicazione in strumenti ottici e presse ad altissima pressione, utili per studiare le condizioni interne dei pianeti.

Un utilizzo innovativo riguarda i semiconduttori: alcuni diamanti, naturalmente conduttivi o drogati con impurità, possono trasportare elettricità, aprendo prospettive nell’elettronica ad alta potenza e nei dispositivi quantistici, come i computer del futuro.

Sfide e sviluppi futuri
Nonostante i loro punti di forza, i diamanti hanno limiti. A temperature elevate, reagiscono con il ferro, rendendoli inadatti a lavorare materiali ferrosi, e sopra gli 800°C si ossidano. Per superare queste criticità, si studiano alternative come il nitruro di boro cubico, più stabile termicamente. Inoltre, nuovi materiali teorici, come il pentadiamante o gli aggregati di nanotubi di carbonio, promettono di superare la durezza del diamante, con possibili impieghi in ambiti estremi.

Conclusione
I diamanti sono un connubio di natura e tecnologia, con una chimica unica che ne fa un materiale insostituibile. Le innovazioni nella loro sintesi e applicazione continuano a espanderne il potenziale, confermando il loro ruolo centrale nella scienza e nell’industria moderna.



In primo piano


Italia senza gas russo

L’Italia ha voltato definitivamente pagina: nella mappa dei flussi di gas aggiornata al primo semestre 2025, il Paese non conta più sul gas russo per coprire il proprio fabbisogno interno. La svolta, avviata dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, oggi è certificata dai dati di trasporto e rigassificazione: la quota di metano proveniente dal punto di ingresso di Tarvisio è scesa a meno del 2 per cento dei volumi immessi in rete, un flusso utilizzato quasi esclusivamente per il transito verso l’Austria.Il nuovo equilibrio energetico poggia su tre pilastri. Il primo è l’Algeria, che attraverso il gasdotto Transmed (ingresso di Mazara del Vallo) fornisce circa un terzo del gas consumato nel Paese. Il secondo è l’Azerbaigian: la Trans-Adriatic Pipeline che approda a Melendugno in Puglia garantisce un altro 15 per cento, rafforzando l’asse con il Caucaso. Il terzo pilastro è rappresentato dalle importazioni dal Nord Europa via Passo Gries, che coprono poco meno del 13 per cento e assicurano flessibilità in caso di picchi di domanda.A questi flussi via tubo si affianca l’esplosione del GNL. Con l’entrata in servizio della FSRU di Piombino nel 2023 e della nuova unità galleggiante a Ravenna nel maggio 2025, la capacità complessiva di rigassificazione supera i 30 miliardi di metri cubi l’anno. Nel primo semestre 2025 il GNL vale già il 31 per cento dell’offerta nazionale: lo alimentano soprattutto Qatar (circa 45 per cento del totale GNL) e Stati Uniti (35 per cento), seguiti da carichi spot provenienti da Africa occidentale e Norvegia.Diminuisce invece il contributo della Libia – sceso al di sotto del 2 per cento – complice l’instabilità politica di Tripoli e gli interventi di manutenzione sul Greenstream. La produzione nazionale, pur modesta, torna a crescere (5 per cento del totale) grazie a rilanci mirati in Adriatico e alla semplificazione delle autorizzazioni.La nuova configurazione delle infrastrutture ha trasformato l’Italia in un nodo di riequilibrio per l’Europa centrale: nei primi sei mesi dell’anno le esportazioni verso l’Austria sono quadruplicate, confermando la strategicità dell’asse Tarvisio-Arnoldstein. Parallelamente, gli stoccaggi sono stati riempiti oltre il 70 per cento già a giugno, superando la media UE, e garantendo sicurezza di approvvigionamento in vista dell’inverno.Sul piano politico-industriale, Roma consolida il “Piano Mattei” con l’Africa, punta all’idrogeno verde via TAP e preme sulla realizzazione del nuovo gasdotto orientale EastMed. Ma, soprattutto, la dipendenza dalla Russia è ormai un capitolo chiuso: un cambio di paradigma che rafforza la posizione italiana nei negoziati sul clima e accelera la transizione energetica senza rinunciare alla sicurezza degli approvvigionamenti.

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