El Comercio De La República - Terremoto in Myanmar: analisi geologica del sisma M7.7

Lima -

Terremoto in Myanmar: analisi geologica del sisma M7.7




Un potente terremoto di magnitudo 7.7 ha scosso il Myanmar centrale il 28 marzo scorso, con epicentro a 16 chilometri a nord-ovest di Mandalay, seconda città del Paese. Il sisma, avvenuto a una profondità di appena 10 chilometri, ha causato devastazione non solo in Myanmar, ma anche in Thailandia, dove un grattacielo in costruzione è crollato a Bangkok, a oltre 600 chilometri dall’epicentro. Secondo i dati ufficiali, si contano più di 2.600 morti e 3.400 feriti, ma il bilancio potrebbe aggravarsi.

Dal punto di vista geologico, il terremoto è stato generato dalla faglia di Sagaing, una struttura trascorrente lunga oltre 1.200 chilometri che attraversa il Myanmar da nord a sud. Questa faglia separa la placca di Burma dalla placca di Sonda, accomodando il movimento laterale tra la placca indiana e quella euroasiatica. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha confermato che la rottura si è estesa per circa 400 chilometri, con uno slittamento massimo di 5-6 metri in alcuni punti, come rilevato da immagini satellitari. Si tratta di un evento classificato come “supershear”, in cui la propagazione della frattura ha superato la velocità delle onde S (4,4 km/s), amplificando l’energia rilasciata.

La superficialità del sisma ha intensificato i danni, specialmente in aree con suoli alluvionali come quelli lungo il fiume Irrawaddy, dove si sospetta un fenomeno di liquefazione del terreno, secondo il Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS). A Bangkok, l’amplificazione delle onde sismiche su sedimenti molli ha contribuito al collasso strutturale, nonostante la distanza dall’epicentro. La faglia di Sagaing non è nuova a eventi sismici: tra il 1930 e il 1956 ha prodotto sei terremoti di magnitudo superiore a 7.0, e un precedente di M7.6-7.7 risale al 1912.

Questo terremoto sottolinea la vulnerabilità di una regione geologicamente attiva, stretta tra le dinamiche tettoniche dell’Himalaya e del Cinturão Alpide. Mentre i soccorsi proseguono, i sismologi studiano i dati per migliorare la previsione e la mitigazione dei rischi futuri.



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Italia senza gas russo

L’Italia ha voltato definitivamente pagina: nella mappa dei flussi di gas aggiornata al primo semestre 2025, il Paese non conta più sul gas russo per coprire il proprio fabbisogno interno. La svolta, avviata dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, oggi è certificata dai dati di trasporto e rigassificazione: la quota di metano proveniente dal punto di ingresso di Tarvisio è scesa a meno del 2 per cento dei volumi immessi in rete, un flusso utilizzato quasi esclusivamente per il transito verso l’Austria.Il nuovo equilibrio energetico poggia su tre pilastri. Il primo è l’Algeria, che attraverso il gasdotto Transmed (ingresso di Mazara del Vallo) fornisce circa un terzo del gas consumato nel Paese. Il secondo è l’Azerbaigian: la Trans-Adriatic Pipeline che approda a Melendugno in Puglia garantisce un altro 15 per cento, rafforzando l’asse con il Caucaso. Il terzo pilastro è rappresentato dalle importazioni dal Nord Europa via Passo Gries, che coprono poco meno del 13 per cento e assicurano flessibilità in caso di picchi di domanda.A questi flussi via tubo si affianca l’esplosione del GNL. Con l’entrata in servizio della FSRU di Piombino nel 2023 e della nuova unità galleggiante a Ravenna nel maggio 2025, la capacità complessiva di rigassificazione supera i 30 miliardi di metri cubi l’anno. Nel primo semestre 2025 il GNL vale già il 31 per cento dell’offerta nazionale: lo alimentano soprattutto Qatar (circa 45 per cento del totale GNL) e Stati Uniti (35 per cento), seguiti da carichi spot provenienti da Africa occidentale e Norvegia.Diminuisce invece il contributo della Libia – sceso al di sotto del 2 per cento – complice l’instabilità politica di Tripoli e gli interventi di manutenzione sul Greenstream. La produzione nazionale, pur modesta, torna a crescere (5 per cento del totale) grazie a rilanci mirati in Adriatico e alla semplificazione delle autorizzazioni.La nuova configurazione delle infrastrutture ha trasformato l’Italia in un nodo di riequilibrio per l’Europa centrale: nei primi sei mesi dell’anno le esportazioni verso l’Austria sono quadruplicate, confermando la strategicità dell’asse Tarvisio-Arnoldstein. Parallelamente, gli stoccaggi sono stati riempiti oltre il 70 per cento già a giugno, superando la media UE, e garantendo sicurezza di approvvigionamento in vista dell’inverno.Sul piano politico-industriale, Roma consolida il “Piano Mattei” con l’Africa, punta all’idrogeno verde via TAP e preme sulla realizzazione del nuovo gasdotto orientale EastMed. Ma, soprattutto, la dipendenza dalla Russia è ormai un capitolo chiuso: un cambio di paradigma che rafforza la posizione italiana nei negoziati sul clima e accelera la transizione energetica senza rinunciare alla sicurezza degli approvvigionamenti.

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