El Comercio De La República - Minaccia Nucleare Nordcoreana

Lima -

Minaccia Nucleare Nordcoreana




Negli ultimi anni, la Corea del Nord ha intensificato i suoi sforzi per sviluppare un arsenale nucleare avanzato sotto la guida del leader Kim Jong-un. Questo sviluppo ha sollevato preoccupazioni significative a livello globale, in particolare riguardo alla sicurezza dell'Europa e dell'Italia.

Stime sul numero di testate nucleari
Secondo analisi di esperti, la Corea del Nord possiede un numero di testate nucleari che varia tra 30 e 50. Queste stime derivano dalla produzione di materiale fissile, come plutonio e uranio arricchito, e dai test nucleari condotti dal paese. Dal primo test nel 2006, ne sono stati effettuati sei, l’ultimo nel 2017, dimostrando un progressivo aumento della potenza e della sofisticazione delle armi atomiche nordcoreane.

Capacità missilistiche
Parallelamente al programma nucleare, il paese ha sviluppato missili balistici capaci di trasportare testate nucleari. I missili balistici intercontinentali (ICBM) Hwasong-15 e Hwasong-17 sono i più avanzati: l’Hwasong-15, testato nel 2017, ha una portata stimata di circa 13.000 chilometri, mentre l’Hwasong-17, introdotto nel 2020, potrebbe superarla. Queste distanze permettono teoricamente di raggiungere non solo gli Stati Uniti, ma anche l’Europa. La distanza tra Pyongyang e Roma, circa 8.500 chilometri, rientra nella portata di questi missili, anche se la loro precisione e affidabilità a lungo raggio restano incerte.

Minaccia per l’Europa e l’Italia
Sebbene la Corea del Nord abbia la capacità teorica di colpire l’Europa e l’Italia, diversi fattori riducono questa minaccia. La NATO dispone di sistemi di difesa missilistica, come Aegis e THAAD, che potrebbero intercettare missili in arrivo. Inoltre, le azioni e le dichiarazioni del regime nordcoreano sono principalmente rivolte contro gli Stati Uniti e i loro alleati asiatici, come Corea del Sud e Giappone, senza indicare ostilità dirette verso l’Europa. Tuttavia, un’escalation o un errore di calcolo restano possibilità da non escludere, richiedendo vigilanza ai paesi europei.

Risposta internazionale
La comunità internazionale ha imposto sanzioni economiche e diplomatiche tramite il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma queste non hanno fermato l’avanzamento del programma nucleare nordcoreano. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno risposto con esercitazioni militari congiunte e un rafforzamento della presenza nella regione. Tentativi di dialogo, come i summit tra Kim Jong-un e l’ex presidente statunitense Donald Trump, non hanno prodotto progressi significativi verso la denuclearizzazione.

Conclusioni
In sintesi, la Corea del Nord dispone di un arsenale nucleare in espansione e di missili capaci di raggiungere l’Europa e l’Italia. Tuttavia, la probabilità di un attacco diretto è bassa grazie alla deterrenza della NATO e agli obiettivi strategici del regime, focalizzati altrove. Ciò nonostante, la situazione richiede attenzione costante e cooperazione globale per gestire la minaccia ed evitare escalation future.



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Milionari senza Laurea?

In tempi di video motivazionali e storie virali, il messaggio è chiaro: “Non serve la laurea per diventare ricchi; guarda questi esempi”. È una narrazione seducente, ma rischia di farci cadere nel bias del sopravvissuto: vedere solo chi è arrivato al traguardo e ignorare la moltitudine che si è fermata prima. Quando applichiamo questo filtro alla ricchezza — in particolare al mito dei “milionari senza laurea” — travisiamo i dati, prendiamo decisioni sbagliate e diamo consigli pericolosamente parziali a studenti, famiglie e imprenditori.Che cos’è il bias del sopravvissuto (e perché ci inganna)Il bias del sopravvissuto è un errore logico-statistico: concentriamo l’attenzione su chi è “sopravvissuto” a un percorso (aziende di successo, personaggi celebri, investitori vincenti), trascurando chi ha fallito o si è fermato. Il risultato è un’immagine distorta della realtà, dove le probabilità reali di successo sembrano più alte di quanto siano. È il motivo per cui i racconti di poche star diventano regola implicita, mentre il silenzio dei molti che non ce l’hanno fatta non entra mai nel quadro.Ricchezza e istruzione: cosa dicono i dati, non gli aneddoti - Il mito dei dropout miliardari nasce da una manciata di storie eccezionali. Ma le analisi su campioni ampi mostrano altro:La larga maggioranza dei miliardari e dei milionari ha un titolo universitario. Studi su elenchi dei più ricchi e indagini su migliaia di milionari indicano quote ampie di laureati, con una fetta non trascurabile persino con titoli post-laurea. In altre parole: i casi famosi senza laurea sono eccezioni, non la regola.Nel complesso del mercato del lavoro, l’istruzione paga: a livelli di studio più alti corrispondono, in media, salari maggiori e tassi di disoccupazione più bassi. Questo non garantisce né ricchezza né successo, ma sposta le probabilità nella direzione giusta. Tradotto: non serve una laurea per ogni carriera possibile, ma i numeri smentiscono l’idea che “laurearsi non conti”.Tre spinte lo alimentano:-  Selezione delle storie: i media e i social amplificano i percorsi fuori norma; la normalità (anni di studio e lavoro) è poco “condivisibile”.-  Conferma delle convinzioni: se vogliamo credere che “basta la grinta”, cerchiamo e ricordiamo solo esempi che lo confermano.-  Invisibilità dei falliti: chi non arriva non racconta; chi arriva racconta molto. La platea vede solo i vincenti.-  Il risultato è una bussola che punta sempre verso “modelli” scintillanti, anche quando sono irripetibili.Impresa e fallimenti: il lato nascosto della curvaUn’altra zona d’ombra del bias del sopravvissuto riguarda l’imprenditoria. Le statistiche internazionali mostrano che molte nuove imprese non superano i primi anni, e la maggioranza delle startup non arriva alla scala promessa dai pitch. Questo non significa che “non convenga provarci”, ma che i modelli costruiti solo su unicorni e storie heroiche sovrastimano la probabilità di riuscita e sottovalutano capitale, competenze e tempi necessari.Decisioni concrete: come evitare gli errori più comuni-  Separare eccezioni e tendenze: ispirarsi alle storie fuori norma è lecito; pianificare su quella base è rischioso.-  Guardare alle distribuzioni, non ai casi singoli: stipendi mediani, tassi di occupazione, probabilità di sopravvivenza delle imprese sono bussola migliore dei racconti virali.-  Valutare i percorsi alternativi con dati alla mano: formazione tecnica, apprendistati e certificazioni possono offrire ritorni solidi; la scelta dovrebbe dipendere da settore, domanda e competenze richieste, non da slogan.-  Misurare i costi opportunità: rinunciare a un titolo può far entrare prima nel mercato, ma può ridurre margini di mobilità e resilienza nelle crisi.-  Dare visibilità ai “non sopravvissuti”: quando si analizza un settore (o si fa orientamento), includere sistematicamente i progetti falliti e i motivi del fallimento.Giovani e famiglie: cosa chiedersi prima di “saltare” l’università-  Qual è il profilo occupazionale del settore? Titoli richiesti, retribuzioni tipiche, carenze di competenze.-  Qual è la via più efficiente al primo impiego qualificato? Laurea breve? ITS/IFTS? Apprendistato? Certificazioni?-  Che rete ho? Molti esempi “senza laurea” erano sostenuti da reti, capitale iniziale o contesti unici, difficili da replicare.-  Come mitigo il rischio? Stage, lavori part-time qualificati, corsi mirati e portafogli di progetti possono ridurre l’incertezza sia scegliendo l’università sia optando per percorsi alternativi.Il punto di equilibrioLa laurea non è un feticcio; è uno strumento che, in media, aumenta opportunità e resilienza. Esistono percorsi vincenti senza università, ma sono meno probabili di quanto suggerisca l’eco mediatica. Il compito di scuole, famiglie, imprese e media è ristabilire la proporzione: smitizzare i pochi “sopravvissuti”, restituire visibilità alla base larga della distribuzione e aiutare ciascuno a scegliere sulla base di dati, non di slogan.  

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