El Comercio De La República - Vulc: Dietro le Quinte

Lima -

Vulc: Dietro le Quinte




Immaginate di stare ai piedi di un gigante addormentato, sapendo che in qualsiasi momento potrebbe risvegliarsi con una furia di fuoco e cenere. Questa è la realtà quotidiana per le comunità che vivono vicino ai vulcani attivi italiani, un mondo affascinante e pericoloso che il documentario Vulc (Vulcano) - L'essenza di un legame di Geopop porta alla luce in modo magistrale. Attraverso un viaggio visivo e narrativo tra Vesuvio, Etna, Stromboli e Campi Flegrei, il film non solo esplora la geologia e la scienza vulcanica, ma soprattutto le storie umane di chi abita queste terre. Ma come è stato realizzato questo ambizioso progetto? Ecco il dietro le quinte di Vulc, un racconto fatto di sfide, innovazioni e passione.

La genesi del progetto
Geopop, piattaforma nota per i suoi contenuti di divulgazione scientifica sui social media, ha deciso di fare il grande salto con Vulc, la sua prima produzione cinematografica di lungo respiro. L’obiettivo era chiaro: andare oltre i formati brevi e offrire un’esplorazione approfondita dei vulcani italiani, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche umano. Andrea Moccia, direttore editoriale di Geopop e co-autore del documentario, ha voluto creare un’opera che unisse conoscenza e narrazione, mostrando il legame profondo tra l’uomo e la natura. La produzione è iniziata con una pianificazione dettagliata, culminata in oltre sei mesi di lavoro intenso, con le riprese principali concentrate tra gennaio e febbraio 2025.

Le location: un set vulcanico
Filma re su quattro vulcani attivi non è stata un’impresa semplice. Vesuvio, Etna, Stromboli e Campi Flegrei hanno offerto scenari mozzafiato, ma anche ostacoli significativi. La troupe ha dovuto affrontare terreni impervi, condizioni meteorologiche imprevedibili e il rischio costante di attività vulcanica. Per garantire la sicurezza, il team ha collaborato con vulcanologi e guide locali, che hanno indicato i momenti migliori per accedere alle zone più pericolose. Ogni location ha richiesto un approccio unico: dalle pendici innevate dell’Etna alle coste selvagge di Stromboli, ogni ripresa è stata un equilibrio tra audacia e prudenza.

Tecnologia e innovazione
Uno degli aspetti più impressionanti di Vulc è l’uso di tecnologie all’avanguardia. Per catturare la bellezza e la potenza dei vulcani senza mettere a rischio la troupe, sono stati impiegati droni per spettacolari riprese aeree e sensori per monitorare l’attività vulcanica in tempo reale. Queste soluzioni hanno permesso di filmare in aree altrimenti inaccessibili, offrendo agli spettatori prospettive uniche. Inoltre, il documentario fa largo uso di time-lapse per mostrare l’evoluzione dei paesaggi vulcanici, un tocco che amplifica l’impatto visivo. La colonna sonora, composta da Marco Iodice e Andrea Moccia, completa l’esperienza, avvolgendo lo spettatore in un’atmosfera intensa e coinvolgente.

Le storie umane
Al cuore di Vulc ci sono le persone. Il documentario dà voce a una varietà di protagonisti: da Isa Brucculeri, ristoratrice dei Campi Flegrei, a Renzo Zaia, guida vulcanologica di Stromboli, fino a Gaetano Scuderi, campione di motocross sull’Etna. Ognuno di loro racconta una storia diversa, ma accomunata da un legame viscerale con i vulcani. Queste testimonianze aggiungono un livello di autenticità e calore al film, mostrando come la vita vicino a questi giganti naturali sia un mix di rispetto, paura e appartenenza. Sono le loro parole a rendere Vulc non solo un documentario scientifico, ma anche un ritratto umano.

Impatto e significato
L’uscita di Vulc nel 2025 ha segnato un successo immediato, con nomination come Miglior Documentario agli Italian Film Awards e un plauso unanime per la sua fotografia e narrazione. Ma il suo impatto va oltre i riconoscimenti: il film ha suscitato un rinnovato interesse per la vulcanologia, spingendo molte scuole a integrarlo nei programmi didattici. Geopop ha colto l’occasione per lanciare workshop online e sessioni di domande e risposte con esperti, ampliando la portata educativa del progetto. Vulc si è così trasformato in un potente strumento di sensibilizzazione, sottolineando l’importanza della ricerca scientifica e della consapevolezza ambientale.

Conclusione
Realizzare Vulc è stato un viaggio straordinario per Geopop, un progetto che ha richiesto dedizione, creatività e un pizzico di coraggio. Il risultato è un documentario che non solo celebra la bellezza e il mistero dei vulcani italiani, ma offre anche una riflessione sul nostro posto nel mondo naturale. Con un mix di scienza, tecnologia e storie umane, Vulc dimostra che la divulgazione può essere tanto educativa quanto emozionante, lasciando un segno duraturo nel panorama cinematografico e culturale italiano.



In primo piano


Il salvataggio di Apollo 13

La missione Apollo 13 fu lanciata l'11 aprile 1970 con l’obiettivo di realizzare il terzo atterraggio lunare degli Stati Uniti. A bordo della navicella c’erano gli astronauti Jim Lovell, Jack Swigert e Fred Haise, pronti a scrivere un nuovo capitolo nella storia dell’esplorazione spaziale. Tuttavia, un grave incidente avvenuto due giorni dopo il lancio trasformò quella che doveva essere una missione di conquista in una lotta per la sopravvivenza.Il 13 aprile, circa 56 ore dopo il decollo, un forte scoppio scosse la navicella. Uno dei serbatoi di ossigeno era esploso a causa di un corto circuito, danneggiando irreparabilmente il modulo di servizio e compromettendo i sistemi elettrici e di supporto vitale. Jim Lovell, comandante della missione, trasmise alla base il celebre messaggio: “Houston, abbiamo avuto un problema”, segnalando l’inizio di una crisi senza precedenti.Con il modulo di comando Odyssey ormai inutilizzabile, gli astronauti si rifugiarono nel modulo lunare Aquarius, progettato per ospitare due persone sulla superficie lunare per breve tempo. Questo modulo, non destinato a sostenere tre uomini per giorni nello spazio profondo, divenne la loro unica speranza di salvezza, fornendo energia, ossigeno e acqua indispensabili per il rientro sulla Terra.La missione, inizialmente diretta alla Luna, fu immediatamente modificata. Invece di atterrare, la navicella sfruttò la gravità lunare per compiere un’orbita intorno al satellite e intraprendere la traiettoria di ritorno libero verso la Terra. Questo percorso strategico consentì di risparmiare carburante e di dirigersi verso casa, nonostante le condizioni critiche a bordo.Le difficoltà per l’equipaggio furono enormi: energia, acqua e ossigeno scarseggiavano, mentre l’anidride carbonica si accumulava pericolosamente nell’abitacolo. Il team di controllo a Houston lavorò senza sosta, ideando soluzioni creative come la costruzione di un filtro artigianale per purificare l’aria, realizzato con i pochi materiali disponibili a bordo. La collaborazione tra gli astronauti e i tecnici a terra fu cruciale per superare ogni ostacolo.Dopo aver compiuto il giro intorno alla Luna, la navicella iniziò il suo viaggio di ritorno. Il 17 aprile 1970, il modulo di comando Odyssey, con i tre astronauti a bordo, attraversò l’atmosfera terrestre e ammarò nell’Oceano Pacifico. L’equipaggio fu recuperato dalla nave USS Iwo Jima, ponendo fine a un’odissea spaziale che aveva tenuto il mondo con il fiato sospeso.La missione Apollo 13, definita un “fallimento riuscito”, non raggiunse la Luna, ma dimostrò il trionfo dell’ingegno umano. La straordinaria capacità di adattamento degli astronauti e del team di Houston trasformò un incidente potenzialmente fatale in una storia di sopravvivenza e solidarietà, lasciando un’impronta indelebile nella storia dell’esplorazione spaziale.

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